Alimentazione & fertilità

Dati ufficiali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiarano che il 15-20% delle coppie nei paesi industrializzati, sia affetto da infertilità. Secondo le ultime stime ISTAT, in Italia, ogni anno, 60.000-80.000 coppie ricevono una diagnosi di infertilità, rappresentando circa il 20-25% del totale. La specie umana è, tra quelle animali, la più infertile per Natura. Le cause dell’infertilità, sia femminile che maschile, sono numerosissime. Possono essere correlate a specifiche patologie, quali: obesità (che specie nel maschio possono influenzare anche erezione e libido), infezioni da malattie a trasmissione sessuale (sifilide, gonorrea, chlamydia), endometriosi, sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), ma anche legate a fattori sociali (la ricerca di un figlio in tarda età) o allo scorretto stile di vita (l’uso di droghe, l’abuso di alcol, il fumo, le condizioni lavorative, l’inquinamento). Fra quest’ultima serie di fattori, un ruolo preponderante ha sicuramente l’alimentazione.


Il corretto apporto nutrizionale influenza la comparsa delle mestruazioni (menarca); sono infatti necessari valori minimi di grasso (17% sul totale) e di peso corporeo (47-48 kg) per garantire una corretta produzione di leptina ed attivare la pulsatilità ipotalamica (produzione della Kisspeptin). È necessaria la presenza di circa il 22% di grasso corporeo per poter ulteriormente assicurare una mensile regolarità mestruale. Il distretto corporeo che produce maggiori quantità di leptina è quello gluteo-femorale: ecco perché poco prima della comparsa del menarca, le ragazzine cominciano ad arrotondarsi proprio sui fianchi. Questo è quello che viene definito grasso “buono”, antinfiammatorio, che protegge le donne dai rischi cardio-vascolari e che permette di garantire idonee riserve caloriche per favorire gravidanze ed allattamento della prole. Nell’ultimo trentennio è stata registrata una notevole anticipazione dell’età del menarca (circa 10-12 anni) rispetto al passato (14-16 anni) a causa dell’aumentato apporto di proteine nella dieta delle bambine. Tale modificazione degli stili di vita ha causato un aumento dei rischi oncologici femminili; infatti la maturazione sessuale anticipata determina un’esposizione precoce agli estrogeni con conseguente maggior rischio di sviluppo del carcinoma al seno, all’utero e all’endometrio, sviluppo della sindrome da ovaio policistico e sindrome premestruale;  si verifica anche un blocco anticipato della crescita statuaria e questo si ripercuote sul picco di mineralizzazione ossea con conseguente osteoporosi in età adulta. Un’alimentazione personalizzata ed appropriata permette ad una donna di affrontare le varie sintomatologie legate all’altalenarsi degli ormoni durante tutta l’età fertile. I gusti e le stesse preferenze alimentari mostrano una discreta variabilità durante il ciclo mestruale. I quattro gusti principali: dolce, salato, amaro, acido sono influenzati dalle variazioni dei livelli plasmatici dei diversi ormoni sessuali femminili. La sensibilità al dolce aumenta con l’incrementare dell‘estradiolo, mentre la sensibilità all’amaro aumenta con il crescere dei livelli di progesterone. In fase premestruale, specie nelle donne che soffrono di sindrome premestruale, aumenta il “bisogno” di cibi dolci e di cioccolata (serotonina). Molte donne, a seguito di un apporto sbilanciato di nutrienti, sperimentano periodi, più o meno lunghi, di assenza delle mestruazioni (amenorrea). A volte il disturbo è causato da un’eccessiva magrezza: “sindrome della ballerina”; a volte il problema è legato alla comparsa della “sindrome da insulino-resistenza”, causata da una ridotta sensibilità all’insulina da parte delle cellule con conseguente aumento della produzione di ormoni maschili e comparsa di cisti ovariche, acne, peluria ed amenorrea secondaria. Erroneamente molti clinici ritengono che la terapia più idonea sia l’assunzione di una pillola estro-progestinica, in realtà in caso di amenorrea, dopo una corretta diagnosi che metta in risalto le reali cause di assenza della mestruazioni, il primo trattamento è proprio quello alimentare, migliorando l’apporto nutrizionale e favorendo una corretta attività fisica. Tra le cause dell’eccessivo aumento di infertilità abbiamo una sindrome, ancora oggi poco nota, che prende il nome di “Endometriosi”, presente in oltre il 10% della popolazione femminile. L’endometriosi non è la semplice presenza di tessuto endometriale al di fuori dell’utero, ma è una sindrome caratterizzata da alterazioni embriogenetiche tissutali, che portano a stati infiammatori e sviluppo di patologie autoimmunitarie, cardiovascolari ed a volte neoplastiche. Causa di tali modificazioni cellulari è l’aumento dell’inquinamento ambientale, che altera i processi embriogenetici già all’interno dell’utero materno con conseguenza presenza della patologia già nei reperti autoptici di feti abortiti nei primissimi mesi di gestazione. Si riscontrano casi in letteratura di endometriosi maschile, a conferma che gli “endocrine disruptors” come il bisfenolo A, gli alkyphenoli, il benzophenone 3, gli ftalati, la canfora, etc, ne sono la reale causa ambientale, legata esclusivamente all’inquinamento ed alla contaminazione degli alimenti e dell’ambiente circostante.

È ormai scientificamente provato che l’utilizzo di alcol (vino e superalcolici) con regolarità quotidiana, causi un aumento vertiginoso del rischio di sviluppo di carcinoma mammario in età fertile (5% di tutti i tumori mammari), con conseguente necessità di ricorrere a trattamenti farmacologici e strumentali (chemio e radioterapia), che riducono notevolmente la riserva ovarica e la capacità di concepimento di una donna. L’alcol stimola la produzione di estrogeni e androgeni circolanti nel sangue, ormoni importanti nella crescita e nello sviluppo del tessuto del seno. Se tali ormoni sono in eccesso, aumenta il rischio di cancro. Tutti gli alcolici sono un fattore di rischio. Indipendentemente dalla bevanda in cui esso è contenuto, è infatti l’alcol stesso a provocare i danni all’organismo da cui può avere origine un tumore. È quindi la quantità di alcol (e non di bevanda) che conta. Infatti la maggior parte dei tumori associati all’alcol si verifica nelle persone i cui consumi di alcolici superano le soglie raccomandate: 20 g di alcol al giorno (l’equivalente di due bicchieri di vino da 125 ml) per i maschi e 10 g al giorno per le femmine (circa un bicchiere di vino da 125 ml). Proprio nella gradazione alcolica le bevande sono diverse: più è alta, maggiori sono le probabilità che si superino le soglie di consumo di alcol raccomandate.

L’alimentazione accompagna tutto l’arco di vita di una donna: la fase preconcezionale, dove è fondamentale ricorrere ad un’appropriata integrazione di acido folico, inositoli, iodio e vitamina D; la gravidanza con il suo adeguato apporto di vitamine, sali minerali, proteine, acidi grassi polinsaturi (omega-3); la menopausa con l’aumentato fabbisogno di calcio, vitamina D e fitoestrogeni. Il corredo ovocitario di una donna è predeterminato e limitato fin dalla nascita ed è pertanto dovere di ogni individuo di sesso femminile prendersene cura e tutelarlo, ricordando che i singoli ovociti sono costantemente esposti a tutti quegli insulti esterni, che avvengono nel corso degli anni (fumo, alcol, droghe, radiazioni, sedentarietà ed inquinanti).

La salute e di conseguenza la fertilità maschile sono altrettanto influenzate dal corretto stile di vita. Recenti evidenze hanno sottolineato che 1 giovane su 3 in Italia è a rischio di infertilità, confermando l’evidenza di un problema non solo sanitario ma anche sociale ed economico e l’urgenza di attuare un piano atto ad educare e sensibilizzare soprattutto i giovani sui rischi di comportamenti, abitudini e stili di vita che possono avere risvolti negativi non solo sulla fertilità ma anche sulla salute generale. Fra questi in età infantile e durante lo sviluppo puberale, un ruolo importante è svolto dall’eccessivo aumento ponderale (spesso causa di uno squilibrio ormonale con riduzione del principale ormone maschile, il testosterone e un aumento degli ormoni “femminili” gli estrogeni) e dalla sedentarietà, associati ad abitudini alimentari non appropriate. La mancata diagnosi tempestiva di varicocele, l’utilizzo di indumenti troppo stretti e l’utilizzo costante di computer e cellulari, causa un surriscaldamento dei genitali maschili con conseguenza riduzione della produzione e della sopravvivenza degli spermatozoi. Oggi non viene più eseguita obbligatoriamente la visita militare ai giovani diciottenni con conseguenti perdite di numerosissime e tempestive diagnosi di patologie andrologiche, che prontamente curate, potrebbero ridurre il tasso di infertilità maschile.

Le teorie genetiche ed epigenetiche ci hanno permesso di comprendere come l’alimentazione determini l’espressione genetica del nostro DNA, influenzandone la trascrizione e la duplicazione. L’apporto corretto di nutrienti durante tutto l’arco della vita, a partire dal gamete fino all’individuo adulto, determina quello che noi siamo e le nostre patologie d’organo.

Noi siamo quello che mangiamo, e tale meccanismo attraversa più generazioni a partire dal nostro stesso concepimento fino a trasmettersi ai nostri nipoti e pronipoti.

Dott. Gianluca Di Luigi

UOC di Ginecologia e Ostetricia

P.O. “SS. Annunziata” di Sulmona (AQ)

PhD Student, Dipartimento MeSVA dell’Università degli Studi dell’Aquila.