Piccole dosi di felicità: i confetti di Sulmona

Nella società moderna lo stress cronico sta diventando una problematica sempre più radicata. Molti di noi soffrono delle conseguenze che esso produce e i sintomi possono colpire diversi organi e apparati, determinando l’evidente abbassamento della qualità della vita e riducendone quella in salute.
Lo stress oggi condiziona l’asse mente-corpo, scatenando alterazioni sia a livello intestinale che extraintestinale, come reazioni cutanee, cefalea, perdita di forza ed energia fino a disturbi del sonno.

La salute è un completo benessere fisico, psicologico e sociale, non una assenza di malattia. Questo significa che quando ci occupiamo di prevenirla o curarla, non possiamo non vedere l’uomo nella sua completa interezza.
Non possiamo scindere la mente dal corpo. Non possiamo pensare l’alimentazione distinta dal movimento e dal sonno, cui dedichiamo un terzo della nostra vita. Non possiamo nemmeno pensare al cibo come mero nutrimento, per tutta una serie di motivi. Mangiamo per abitudine, rabbia, noia, piacere, vizio, depressione, delusioni, felicità e molto altro ancora.

Demonizzare un cibo ed esaltarne un altro non ha alcun senso. Mangiare è una visione d’insieme. E’ come sentir suonare un’orchestra, invece di puntare ai bravi solisti. Infatti non esistono cibi che fanno bene o male. Per questo non bisogna escludere nulla, facendo sempre attenzione a non esagerare, utilizzando il buon senso che ha sempre guidato l’uomo (e soprattutto gli animali) nella scelta del cibo. Mangiare per molti è motivo di piacere e felicità, riducendo i momenti negativi. E questo ruolo è svolto soprattutto dai cibi dolci, accusati spesso ma a ragione, di essere la principale causa del dilagante problema del sovrappeso e delle malattie metaboliche conseguenti, in una società sempre più sedentaria e che non necessita di tanto cibo.

Gli uomini hanno sempre pensato che il dolce sia il migliore dei sapori. Anche medici e scienziati non avevano dubbi nel ritenerlo perfetto, il più giusto ed equilibrato. Persino la Scuola Medica Salernitana lo definisce “adatto ad ogni temperamento, età, stagione e luogo”.
Con le giuste dosi, come affermava l’alchimista Paracelso e ancor prima di lui Ippocrate, possiamo permetterci anche ogni giorno piccoli momenti di felicità, rendendo la vita “meno amara”, come cantava tempo fa il grande Nino Manfredi in una famosa canzone.

A molti è nota la mia origine abruzzese e l’amore per la mia terra, dove puntualmente faccio ritorno. Sulmona, in provincia dell’Aquila è famosa nel mondo non solo per aver dato i natali al sommo poeta Ovidio, ma per la secolare produzione di confetti, decantati da Boccaccio nel Decamerone, Manzoni, Leopardi, Carducci, Verga, Pascoli e naturalmente D’annunzio.

Non si conosce con precisione la loro origine: si narra siano nati in Arabia, sebbene non esistano documenti che ne attestino l’origine. E’ noto però che il loro utilizzo sia stato nei secoli e in diversi continenti molto diffuso non solo nella pasticceria ma soprattutto nelle preparazioni farmaceutiche, con l’idea di addolcire le sostanze medicamentose (erbe, spezie, semi) per renderle più gradevoli a grandi e piccini. Nel Medioevo lo zucchero (arrivato in Europa solo nel XV secolo grazie alle Repubbliche Marinare, Venezia in particolare e ai loro viaggi in oriente) si riteneva addirittura benefico per l’organismo, in quanto apportatore di quel sapore dolce, considerato equilibrato e perfetto. Anche per questo, venivano spesso serviti a fine pasto nelle tavole signorili avvolgendo spezie digestive come l’anice e la genziana. Abitudine questa, che ben presto si diffuse in tutta Europa, specialmente tra i “signori”, che ne degustavano sapientemente e lentamente il gusto, meditando e allontanando la fretta, rilassando corpo e mente, specialmente dopo aver sugellato collaborazioni, patti o accordi politici.
L’etimologia della parola “confetto” deriva dal latino “conficere” ovvero “fabbricare”. E’ proprio nell’antica Roma che si diffusero gli antenati di queste piccole prelibatezze. Secondo alcuni documenti storici sono le famiglie dei Fabi (447 a.C.) e di Apicio (14-37 d.C.), che festeggiavano nascite e unioni con mandorle, noci o pinoli ricoperti da un impasto duro di miele e farina, che nei secoli successivi vennero sostituiti dallo zucchero.

La fabbricazione dei confetti moderni ebbe inizio invece a Sulmona nel XV secolo grazie alle monache del Monastero di Santa Chiara. Del resto, molte delle produzioni farmaceutiche e alimentari ancora oggi famose nel mondo, da liquori, distillati fino a piatti tradizionali, furono tramandate dai monasteri, insieme alle regole comportamentali a tavola.
Ancora oggi sono diverse le aziende cittadine famose nel mondo, tra cui le più antiche e famose Pelino e Di Carlo. I prodotti più rinomati sono quelli contenenti al loro interno le famose mandorle, in passato provenienti soprattutto dalla Valle Peligna, ma che negli ultimi decenni anche dalla Sicilia, in particolare da Avola, che esporta la famosa “mandorla pizzuta”.
Anche Spagna e Francia in Europa vantano una tradizione importante nella produzione di queste “pepite”. Nella penisola iberica, particolarmente famosi sono quelli della zona di Valencia, conosciuti col nome di “peladillas”. Furono proprio gli spagnoli a contribuire all’arrivo dello zucchero nel nostro continente, insieme alla Francia e alle sue colonie, dove i confetti si chiamano dragée e introdotti sotto forma di cura medicinale intorno al 1200 e dei quali si innamorò anche Napoleone Bonaparte.

 

Uno dei motivi per cui i confetti sono associati alla felicità è soprattutto il fatto che siano legati a momenti belli della vita. Già nel Rinascimento si usava lanciare i confetti durante i matrimoni (da qui il detto contadino “dopo i confetti escono i difetti”) o il carnevale. In diversi dialetti italiani erano chiamati “coriandoli di zucchero”, anche per l’abitudine di utilizzare i semi della pianta del coriandolo al posto delle mandorle. Secondo tradizione, ogni confezione ne dovrebbe contenere cinque, come i doni della vita che si augurano agli sposi: salute, fertilità, longevità, felicità, ricchezza. E comunque devono sempre essere regalati o donati in numero dispari, indivisibili come l’unione delle persone, della coppia. Negli ultimi due secoli, il confetto compare sempre più spesso colorato, grazie all’utilizzo dei coloranti naturali e artificiali nell’industria dolciaria. Azzurro o rosa per celebrare le nuove nascite, bianco (come purezza) per il matrimonio o un sacramento, verde per celebrare l’unione di coppia, rosso per una laurea e con altre sfumature cromatiche per gli anniversari di matrimonio.
Voi quali preferite?